venerdì 14 giugno 2013

CASTROnate

di ETTORE BEGGIATO

Egregio Direttore, nel "Corriere del Veneto" di sabato 8 giugno, nell'articolo relativo al referendum per l'indipendenza del Veneto, l'ex parlamentare del PdL Maurizio Castro afferma: "Sono veneto in quanto italiano, non viceversa… questo è un referendum giuridicamente fasullo e culturalmente vile"; non voglio soffermarmi sul concetto di "giuridicamente fasullo"  in quanto, per me è un terreno… scivoloso, anche se da modesto studioso della materia non posso non ricordare che nel prossimo 2014 la Scozia andrà a votare per la propria indipendenza, cosa che hanno fatto per ben due volte i francofoni del Quebec nel civilissimo Canada, evidentemente molto più civile e democratico dell'Italia.

Ma è quel "culturalmente vile" che trovo francamente inaccettabile. Se il senatore Castro si sente "veneto in quanto italiano, non viceversa" liberissimo, ma non può insultare chi non la pensa come lui, e siamo in tanti, glielo assicuro. Ma lo sa, il senatore Castro, che questa Terra prende il nome dell'antichissimo popolo dei Veneti, popolo del quale abbiamo  tracce  almeno dal 1.200 avanti Cristo? Ha visitato la bellissima mostra "Venetkens" che si sta tenendo al Palazzo della Regione a Padova? "Culturalmente vile" anche il titolo della mostra?

E' "culturalmente vile" quanto scrisse il prof. Sabatino Moscati, già presidente dell'Accademia dei Lincei: "Se c'è una regione d'Italia antica nella quale sia evidente la coincidenza di un popolo, di cultura e di territorio, questa è il Veneto [...] tutto coincide: il popolo dei Veneti, la cultura che da loro prende il nome, il territorio che è sostanzialmente lo stesso ancor oggi". (L'Espresso 15/12/1985)?

E' "culturalmente vile" anche quanto scrisse il grande Indro Montanelli che rispondendo a una mia lettera affermò che la Repubblica Veneta fu "una civiltà non italiana (quale la Serenissima mai fu né mai si sentì), ma europea e cristiana" (Corriere della Sera 24/9/1996)?

E' "culturalmente vile" quanto scrisse Goffredo Parise (Corriere 7/2/1982): "Il Veneto è la mia Patria. Do alla parola patria lo stesso significato che si dava durante la prima guerra mondiale all'Italia: ma l'Italia non è la mia Patria e sono profondamente convinto che la parola e il sentimento di Patria è rappresentato fisicamente dalla terra, dalla regione dove uno è nato. Sebbene esista una Repubblica Italiana questa espressione astratta non è la mia Patria e non lo è per nessuno degli italiani che sono invece veneti, toscani, liguri e via dicendo…"? 

Siamo veneti da sempre, caro senatore Castro, mentre la parentesi italiana nel Veneto incomincia nel 1866, dopo un plebiscito truffaldino. E come veneti orgogliosi della nostra identità è un nostro diritto lottare per riaffermare la nostra specificità e la nostra peculiarità, è un nostro diritto come nazione storica d'Europa lottare, in maniera pacifica e non violenta, per riacquistare la nostra sovranità politica e culturale. Ideale per i quali i Veneti hanno sempre lottato, sventolando la bandiera con il Leone di San Marco: dal 1809 contro gli occupanti francesi al 1848 contro gli austriaci ai giorni nostri contro uno stato sempre più asfissiante, estraneo ed ostile, uno stato che costringe i nostri giovani ad emigrare e che porta la nostra gente alla disperazione più nera che è sfociata in tanti, troppi suicidi.

Un diritto e un dovere per chiunque si senta veneto lottare per consegnare alla future generazioni di veneti quel patrimonio che i nostri padri ci hanno consegnato.


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