lunedì 14 aprile 2014

Regioni, «tagliata» l’autonomia Rabbia nel Pd Veneto: inascoltati


Delusione dopo le richieste a Renzi. Meno poteri dalla scuola al turismo. «Battaglia in aula

VENEZIA— Il bilancio dell'autonomia regionale, alla resa dei conti, ne esce piuttosto malconcio. Sarà che le Regioni, intese nel loro complesso, non hanno particolarmente brillato nell'esercizio dell'autogoverno (chiedere, per informazioni, a Batman Fiorito e colleghi); sarà ancora che la Corte Costituzionale, in questi anni, è stata letteralmente ingolfata da ricorsi dello Stato centrale contro le Regioni e viceversa per gli innumerevoli conflitti su chi decide cosa (il Veneto a guida leghista, in questa materia, si è distinto per l'alta conflittualità con i poteri centrali). Fatto sta che il disegno di riforma costituzionale partorito lunedì pomeriggio dal consiglio dei ministri a guida Matteo Renzi, oltre a prevedere lo storico superamento del Senato come camera legislativa, assesta un colpo notevole al livello di governo regionale.

A cominciare da un provvedimento che lo stesso Renzi ha buttato là, quasi di passata, durante la conferenza stampa, ma che avrà fatto raggelare il sangue alla folta categoria dei politici regionali: «Abbiamo previsto una consistente riduzione - ha detto il premier - dei costi della politica, a cominciare dalle indennità dei consiglieri regionali». Per ora, questa «consistente riduzione» non è stata quantificata. Ma, in precedenti occasioni, Renzi si era espresso sull'argomento in questi termini: lo stipendio dei consiglieri regionali, a parere del premier, non dovrebbe superare l'indennità riconosciuta ai sindaci dei capoluoghi. Valdo Ruffato, presidente del consiglio regionale del Veneto, abbozza ma introduce un distinguo: «Ci siamo già tagliati indennità, rimborsi, finanziamenti ai gruppi, in ossequio alla spending review, uniformandoci alle indicazioni che ci sono state date dai governi precedenti. Serve un ulteriore sforzo? Va bene, sono convinto come i colleghi che in momenti di difficoltà come quello che stiamo vivendo la politica sia chiamata a dare il buon esempio. Una cosa soltanto - aggiunge Ruffato -: che il taglio valga per tutti e non solo per i soliti noti. Mi risulta infatti che alcune regioni a Statuto speciale ancora non si siano adeguate alla spending... basta figli e figliastri». L'altro capitolo particolarmente consistente riguarda le competenze legislative delle Regioni e, in buona sostanza, il loro livello di autonomia rispetto allo Stato centrale. Quest'ultimo, innanzitutto, si riprende in via esclusiva la potestà legislativa su una sfilza di materie e funzioni, che vanno dalle norme generali per la tutela della salute all'ordinamento scolastico, dall'ambiente alla tutela del paesaggio, passando per il commercio estero e le norme generali sul governo del territorio, sulle attività culturali e sul turismo.

Ma non è tutto. Nonostante tutte le rassicurazioni espresse nei giorni scorsi dal ministro Maria Elena Boschi ai preoccupatissimi deputati veneti del Pd, allarmati per la preannunciata stretta neocentralista in una regione dove le rivendicazioni autonomiste sono sempre più forti, è confermata nel disegno di riforma la soppressione del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione: le Regioni, cioè, non avranno più la possibilità di negoziare con il governo centrale un'intesa che conceda loro, con legge approvata dalle Camere, «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ». Un'eventualità prevista dal 2001 e rimasta sempre sulla carta, poiché le Regioni che più si erano avvicinate ad avviare un negoziato con il governo centrale su un elenco specifico di materie - cioè, guarda caso, la Lombardia e il Veneto, all'epoca guidate dai governatori Formigoni e Galan - vennero stoppate perché il governo centrale, dello stesso colore politico (centrodestra più Lega), impose il suo disegno di decentramento dei poteri, che andava sotto il nome di «devolution». La quale «devolution», poi, venne bocciata dal referendum popolare e, dopo tanto discutere e affannarsi, tutto rimase come prima secondo la migliore tradizione italica. Nel disegno del governo Renzi, questa mutilazione dell'articolo 116 è compensata da una nuova ma più tenue opportunità. Lo Stato centrale avrà la facoltà, d'intesa con le Regioni interessate, di delegare per legge le funzioni legislative, in materie che sarebbero di sua competenza esclusiva, a una o più Regioni, anche per un periodo di tempo limitato.

In Veneto, la delusione per il provvedimento del governo è assolutamente bipartisan. Flavio Tosi, segretario nazionale della Lega, stronca l'impianto della riforma: «Mi sembra un pasticcio, che si affianca a quello già compiuto con l'abolizione delle Province. Il problema di fondo - aggiunge Tosi - è che, riaccentrando i poteri, lo Stato penalizza tutte le Regioni per colpire quelle che hanno mal gestito la loro autonomia: invece che inasprire i controlli sulle amministrazioni canaglia, penalizza anche quelle virtuose. Per essere espliciti: una riforma che rafforza l'autonomia della Sicilia e deprime quella del Veneto, grida vendetta davanti a Dio». Delusa dal suo governo, ed è un eufemismo, è la deputata del Pd Simonetta Rubinato, la cui voce di era alzata per prima contro il disegno di riforma: «Sono stupita - attacca Rubinato - dal fatto che il testo uscito dal Consiglio dei ministri sia addirittura peggiorativo della bozza precedente. Del 116 terzo comma si conferma la cancellazione: questo significa che dalla possibilità di conferire una maggiore autonomia su richiesta della Regione, con relativa attribuzione anche delle risorse, si è passati a una semplice delega, anche temporanea, che lo Stato ti può togliere in ogni momento, senza nessuna riferimento alle risorse. Di fatto - è l'amara constatazione della parlamentare Pd - si allarga la distanza tra le regioni a statuto speciale e quelle ordinarie». Conclusione che annuncia battaglia, sia pure con toni soft: «Evidentemente non sono state comprese le legittime aspettative di questa regione. Il nostro impegno è di lavorare in modo leale, per far comprendere al governo che occorre dare risposte all'esigenza che pone il Veneto di maggiore autogoverno ».

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