mercoledì 20 maggio 2015

Le elezioni venete, IV e il referendum sull'indipendenza

Le elezioni venete, IV e il referendum sull'indipendenza
Di Carlo Lottieri (del 20/05/2015)

È abbastanza normale che gli Stati, in linea di massima, non siano  disposti a mettere in discussione la propria esistenza. Il diniego opposto da Madrid di fronte alla volontà catalana di celebrare un referendum sull’indipendenza ha una sula logica, così come l’atteggiamento tenuto dal governo Renzi dopo che la regione Veneto ha approvato una legge che indice un referendum consultivo sull’indipendenza:la legge è stata impugnata e la Consulta – che risponde a logiche politiche – si appresta a bocciarla, a dispetto degli articoli costituzionali posti a difesa dei diritti fondamentali, della libertà d’espressione e del rispetto del diritto internazionale.
Per aggirare la logica autoritaria del nazionalismo statalista ottocentesco schierato a protezione dello status quo in Catalogna, però, è stato escogitato uno stratagemma: si è deciso di costituire un cartello di tute le forze  indipendentiste (dall’estrema sinistra dei centri sociali fino ai liberal-conservatori di Artur Mas) e si è trasformato il rinnovo della Generalitat in una specie di plebiscito. Se il cartello avrà la maggioranza, sarà chiaro al mondo che la Catalogna vuole essere libera e che non lo è solo perché Madrid le impedisce di scegliere la propria strada.
E in Veneto?
Un cartello indipendentista manca e il tasso di litigiosità è altissimo. Tra quanti vogliono dare ai veneti il diritto di votare taluni si sono candidati da soli e altri si sono alleati con Luca Zaia, che continua a parlare di un futuro del Veneto modellato sulla provincia di Trento: un progetto che non ha alcuna possibilità di successo, come è ben chiaro a chiunque.
Nonostante questo, perfino queste elezioni – grazie alla presenza sulla scheda elettorale di un soggetto apertamente indipendentista come Indipendenza Veneta – potrebbe essere letto come un referendum per l’indipendenza: come un primo tentativo di imboccare quella strada.
In effetti, se il 50% più uno dei voti validamente espressi sulle schede elettorali delle elezioni venete dovesse andare a Indipendenza Veneta, a giugno il Veneto potrebbe essere già virtualmente una realtà distinta rispetto all’Italia. Si tratta di un risultato improbabile e su cui pochi giocherebbero il proprio patrimonio personale (o anche una somma di modeste dimensioni), ma è importante dire che questa possibilità esiste.
Ci sono sei candidati alla presidenza del Veneto e uno di loro, Alessio Morosin, ha detto a chiare lettere di essere sceso in campo per assicurare al Veneto la propria indipendenza, oltre che il diritto di votare sul proprio futuro. È ovvio che se egli non otterrà la maggioranza assoluta non si potrà considerare questo risultato come una bocciatura del progetto indipendentista (proprio perché gli indipendentisti, come si è detto, si sono presentati divisi e sparpagliati in vari raggruppamenti), ma è altrettanto vero l’opposto: ossia che un suo clamoroso successo cambierebbe radicalmente la storia veneta.
Nelle scorse settimane i militanti di Indipendenza Veneta hanno avuto un grande merito: grazie al loro impegno sono state raccolte le 20 mila firme necessarie (circa l’1% dei voti di quanti presumibilmente andranno alle urne) alla presentazione della candidatura di Morosin. Ora i veneti troveranno sulla scheda sei nomi: sceglierne uno potrebbe ridare al Veneto il pieno diritto di autogovernarsi. Non è una cosa da poco, non è un'opportunità da lasciar perdere.

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